**Quando l’AI decide per noi: i giovani, i social e l’adolescenza che scompare**
Viviamo in un’epoca in cui l’intelligenza artificiale guida buona parte delle nostre esperienze digitali. Lo vediamo sui social media, dove sono gli algoritmi — invisibili ma sempre presenti — a selezionare cosa vediamo, chi “merita” la nostra attenzione e quali contenuti riceveranno più visibilità. Ma cosa succede quando sono proprio questi meccanismi automatici a modellare il modo in cui gli adolescenti si raccontano, si mostrano e perfino si percepiscono?
La nuova adolescenza, secondo le regole delle piattaforme
Per le generazioni cresciute con TikTok, Instagram e simili, l’adolescenza si trasforma in una vetrina. Lontana dall’essere una fase in cui sperimentare, sbagliare e crescere in un contesto privato, oggi è vissuta sotto i riflettori dei social media. E il pubblico non sono solo amici o coetanei, ma un’intera rete globale governata da logiche di visibilità e approvazione.
Gli adolescenti si ritrovano a inseguire un modello di sé ottimizzato per ottenere visualizzazioni e like. Non si tratta più solamente di condividere momenti autentici, ma di “performare” la propria adolescenza in base a ciò che l’algoritmo premia: un insieme di contenuti esteticamente accattivanti, brevissimi, emozionanti e facilmente condivisibili. In tutto questo, lo spazio per sbagliare senza giudizio — fondamentale per crescere — si restringe, se non scompare del tutto.
La pressione degli algoritmi invisibili
Ciò che rende questa dinamica particolarmente insidiosa è che spesso gli stessi adolescenti non si rendono conto dell’esistenza di questi algoritmi, o del loro impatto. Gli utenti, infatti, vedono solo il risultato finale: il flusso di video, foto e storie che scorrono sullo schermo. Ma dietro quel flusso, sofisticati modelli di intelligenza artificiale analizzano costantemente il comportamento degli utenti per proporre contenuti sempre più “coinvolgenti”.
Il problema è che coinvolgente non significa utile, vero o sano. Significa, semplicemente, trattenere lo sguardo il più a lungo possibile. Così, l’AI finisce per incentivare contenuti standardizzati e spesso ripetitivi, dettando cosa è cool, cosa è degno di essere mostrato e, di conseguenza, cosa è giusto desiderare o diventare. Un meccanismo che annulla l’unicità e ostacola l’espressione personale.
Adolescenza compressa, autenticità in fuga
Nel tentativo di essere sempre “perfetti” per il pubblico e per l’algoritmo, i giovani rischiano di non vivere fino in fondo quel processo imprevedibile e ricco di sfumature che è l’adolescenza. Le emozioni più intime, le incertezze e le trasformazioni interiori vengono spesso nascoste, perché non conformi ai canoni della viralità.
In questo modo, l’intelligenza artificiale che costruisce i feed dei social contribuisce allo smarrimento di una fase della vita che dovrebbe permettere l’esplorazione di sé, dei limiti e della propria originalità. Quando tutto viene misurato in termini di performance digitale, l’adolescenza rischia di diventare una versione patinata e accelerata della realtà. Una realtà dove non c’è tempo per l’autenticità, ma solo per la popolarità.
SEZIONE FAQ
1. Cosa c’entra l’intelligenza artificiale con i social media?
L’intelligenza artificiale viene utilizzata dalle piattaforme social per alimentare gli algoritmi che decidono quali contenuti mostrare agli utenti. Analizza ciò che guardiamo, con cosa interagiamo e per quanto tempo, per proporci contenuti simili e mantenerci connessi il più possibile.
2. In che modo l’AI influenza gli adolescenti sui social?
L’AI condiziona il tipo di contenuti che gli adolescenti vedono e, indirettamente, quello che scelgono di pubblicare. Per ottenere visibilità, spesso si adeguano a ciò che “funziona” secondo l’algoritmo, mettendo da parte autenticità, sperimentazione e anche vulnerabilità.
3. Perché può essere un problema “performare” la propria adolescenza online?
Perché trasforma un momento delicato della crescita personale in uno spettacolo da offrire agli altri. Ciò può generare ansia da prestazione, bisogno costante di approvazione e una visione distorta di sé.
4. Gli algoritmi sono sempre negativi?
Non necessariamente. Possono essere strumenti utili se progettati in modo etico e trasparente. Il problema nasce quando il loro obiettivo è solo il profitto, a scapito del benessere degli utenti più giovani o vulnerabili.
5. Cosa possiamo fare per proteggere i giovani da questi effetti?
Serve maggiore consapevolezza: educare i ragazzi a comprendere cosa sono gli algoritmi, come funzionano e quali comportamenti inducono. Occorre anche promuovere spazi digitali alternativi dove possano esprimersi liberamente, senza la pressione della performance.